Pur rispettando la ricorrenza, ho sempre ritenuto la giornata della memoria, che come ogni anno cade il 27 gennaio, una specie di esercizio di ipocrisia da parte dell’umanità. Per usare una frase fatta ma molto efficace, è inutile ricordare gli ebrei morti se non si difendono quelli vivi.
Quest’anno la giornata della memoria cade in un momento di particolare tensione dove le minacce iraniane di sterminare il popolo di Israele si fanno più concrete che mai, il tutto nel silenzio più assoluto del mondo, quello stesso mondo che domenica prossima ricorderà l’olocausto.
Ancora una volta si ricordano gli ebrei morti ma si evita di difendere gli ebrei vivi. Perché la minaccia iraniana a Israele è concreta, non tanto per le parole minacciose profuse ormai da anni dagli Ayatollah, quanto piuttosto per le azioni reali e concrete degli iraniani.
La escalation vista nelle ore scorse è solo l’ultima tappa di un lungo cammino intrapreso dagli Ayatollah iraniani per mettere a punto il loro piano di sterminio del popolo di Israele. Un piano preciso e studiato a tavolino, esattamente come quello che avevano i nazisti, un piano che ha portato l’esercito iraniano a due passi dal confine con Israele.
Sul fatto che la tappa successiva sia un attacco allo Stato Ebraico ci sono purtroppo pochi dubbi e, a costo di ripetermi, non tanto per le minacce verbali (l’ultima ieri) ma per le azioni concrete intraprese dagli iraniani.
Ora, domenica prossima la comunità internazionale ricorderà l’olocausto ebraico avvenuto per mano dei nazisti, la più grande strage pianificata della storia. Tutto giusto, tutto molto corretto. Peccato che a 74 anni esatti da quel 25 gennaio 1945 quando le truppe russe entrarono nel mattatoio di Auschwitz e scoprirono l’orrore pianificato dai nazisti, un altro regime totalitario, quello iraniano, pianifica quello stesso orrore con la stessa teutonica meticolosità.
E come allora la comunità internazionale si gira dall’altra parte. Sono mesi che gli israeliani si sgolano per denunciare il piano iraniano e non una sola voce si è alzata contro gli Ayatollah iraniani.
Non che Israele per difendersi abbia bisogno della comunità internazionale, lo sa fare benissimo da solo. E’ l’ipocrisia che da fastidio, quella stessa ipocrisia che ricorda gli ebrei morti e non si cura di quelli vivi. Quasi che l’unico ebreo buono sia quello morto, mentre l’ebreo che si difende non va più bene a nessuno.