L’amministrazione del presidente Joe Biden non ha mai nascosto il suo desiderio di “districare” gli Stati Uniti dal Medio Oriente.
Il segretario di Stato Antony Blinken, in un’intervista prima di assumere l’incarico, ha affermato di prevedere che una presidenza Biden avrebbe «fatto di meno, non di più» nella regione.
Molti importanti analisti sostengono che la vera competizione strategica per l’America sia quella che la vede contrapposta alla Cina e che per questo Washington abbia deciso di mettere il Medio Oriente in “secondo piano”.
Sicuramente questo è il pensiero dominante e comunque è quello che l’Amministrazione Biden si prefiggeva di fare una volta salita al potere.
Peccato che l’America non avesse fatto i conti con l’Iran e con la ferma volontà degli iraniani di dominare la regione prima ancora che di avere un’arma nucleare, anche se le due cose sono in effetti collegate.
Il problema Iran
Malgrado tutti i discorsi sul ritiro americano dal Medio Oriente e la genuina ansia regionale generata all’indomani dell’abbandono degli Stati Uniti dell’Afghanistan, la realtà sul campo suggerisce il contrario.
Nonostante tutti i timori nelle capitali arabe di un declino dell’impegno americano in Medio Oriente, l’impegno militare degli Stati Uniti mostra più continuità di quanto comunemente riconosciuto.
Per esempio, malgrado la promessa di rivedere una vendita di armi da 23 miliardi di dollari agli Emirati Arabi Uniti a causa della supposta violazione dei diritti umani in quel paese o per via della loro politica, l’amministrazione Biden ha deciso di andare avanti con la vendita.
Anche la “ricalibrazione” delle relazioni con l’Arabia Saudita da parte di Biden non ha portato a grandi cambiamenti nella politica americana verso Riaid.
Il ministro della Difesa saudita Khalid bin Salman, fratello del principe ereditario Mohammed bin Salman, ha avuto incontri ad alto livello con alti funzionari statunitensi durante la sua visita di luglio a Washington.
Solo pochi giorni prima era stato pubblicato un rapporto dell’intelligence statunitense il quale sosteneva che il principe ereditario aveva approvato l’operazione per catturare e uccidere il giornalista saudita Jamal Khashoggi. Eppure quel rapporto non ha avuto alcuna conseguenza.
Questo schema sembra ripetersi anche con gli altri alleati arabi degli Stati Uniti in Medio Oriente che alcune organizzazioni accusano di violare i Diritti umani.
In sostanza, non sembra che l’amministrazione Biden sia tanto intenzionata a cambiare politica in Medio Oriente nonostante le promesse di farlo anche a causa delle violazioni dei Diritti Umani da parte dei suoi alleati arabi.
Molti analisti americani sostengono che non bisognerebbe farsi fuorviare dal ritiro dei sistemi antimissile americani dall’Arabia Saudita. Secondo molti osservatori era un “messaggio di pace” verso Teheran.
Messaggio che però non sembra andato a buon fine a giudicare dai fatti sul terreno. Infatti non bisognerebbe farsi ingannare dalla presunta disponibilità iraniana a trattare sul loro programma nucleare. Gli Ayatollah sono veramente ad un passo dall’arricchire l’uranio al 90%, cioè al livello necessario per un’arma atomica.
Le consultazioni di Vienna servono a loro per prendere tempo e agli europei per poter dire di averli portati al tavolo delle trattative. Ma le intelligence americana e soprattutto israeliana non si fanno ingannare.
È per questo che il Presidente Biden non ha smobilitato dalle due basi operative più importanti nel Golfo Persico, quella di Al Udeid in Qatar e quella di Camp Arifjan in Kuwait.
A Washington sanno già per certo che dai colloqui di Vienna non nascerà niente di buono e che a Teheran non c’è più nemmeno l’ombra di quello che agli europei piace chiamare “moderatismo”. Con Ebrahim Raisi alla guida dell’Iran anche la minima ombra di “moderatismo” si è dissolta.
Naturalmente questo non vuol dire che gli Stati Uniti non ridurranno sensibilmente le risorse impiegate in Medio Oriente per impiegarle sul nuovo fronte orientale. Tuttavia sembrerebbe che il tanto temuto e annunciato ritiro americano dal Medio Oriente sia per il momento quantomeno rinviato.
Il petrolio
E poi con la pandemia è tornato prepotentemente in primissimo piano il problema energetico. Abbandonare il Medio Oriente significherebbe lasciare campo libero agli iraniani nei confronti di Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti e le altre monarchie del Golfo.
Se quindi prima gli americani stavano in Medio Oriente per difendere i maggiori fornitori di petrolio del mondo e negli ultimi anni questo problema sembrava venuto meno, ora si ripropone in maniera prepotente.
A questo punto un ritiro americano dal Medio Oriente in tempi brevi o medi senza valutare che come conseguenza ci sarebbe un riequilibrio regionale a favore dell’Iran diventa altamente improbabile.
Anche se gli americani non lo vogliono sentire, sanno benissimo di essere la soluzione, non parte del problema. Sanno di essere l’unica soluzione al programma nucleare iraniano perché sanno di essere gli unici ad avere i mezzi necessari per distruggere quel programma.
E non dimentichiamo che proprio perché l’America ha deviato e devierà risorse militari sul fronte con la Cina, è altrettanto vero che l’Iran è diventato di fondamentale importanza come fornitore di greggio alla Cina.
Se vuoi veramente danneggiare Pechino, blocca con ogni mezzo quel canale di approvvigionamento.