Uno dietro l’altro i paesi arabi stanno aprendo relazioni diplomatiche con Israele. Tra quelli politicamente di peso manca ancora l’Arabia Saudita, ma secondo gli “esperti” di Medio Oriente sarebbe questione di poco tempo.
Questi stessi esperti ci spiegano che è cosa buona e giusta aprire relazioni diplomatiche con i paesi arabi, il che sarebbe anche vero se ciò non comportasse alcuna contropartita, se cioè la pace arrivasse per ragioni vere, di vera ricerca della stabilità regionale e non per altri motivi.
Insomma, a volte si ha l’idea che la pace tra Israele e alcuni paesi arabi sia “comprata”, sia cioè ottenuta solo perché è stata data agli arabi una contropartita. Lo abbiamo visto con gli Emirati arabi uniti e con il Marocco.
Chissà cosa chiederà come contropartita l’Arabia Saudita. Speriamo che non chiedano la testa degli Ayatollah perché vorrebbe dire impegnare Israele in una guerra molto difficile e probabilmente sanguinosa.
Premesso che, come ho detto più volte, personalmente non ho alcuna fiducia negli arabi e meno ancora ne ho in questa tattica rivendicata da Trump di “pace in cambio di armi”, paradossalmente mi fido molto di più del popolo persiano che di quello arabo.
Lasciamo stare i Mullah, gli Ayatollah e via dicendo, il persiano è un popolo antico, con una storia millenaria, un popolo a cui piace lavorare, studiare, fare ricerca. Insomma, il popolo persiano è votato al progresso almeno quanto lo è quello israeliano. Peccato che sia un progresso volto dalla parte sbagliata, ma è comunque un fatto innegabile.
All’arabo invece non importa nulla del progresso. E qui non c’è da fare distinzione tra religiosi e popolo. Sono tutti uguali. La tecnologia la comprano, non la inventano. Le medicine le comprano, non studiano le malattie. Anche nel settore delle armi, le comprano non le costruiscono, non studiano sistemi d’arma come fanno gli israeliani e i persiani.
Questa differenza di ragionamento rende arabi e persiani lontani anni luce gli uni dagli altri. E non basta che credano ambedue in Allah per colmare questo abisso.
Se le cosiddette “primavere arabe” avessero avuto successo a quest’ora avremmo tanti regimi arabi legati alla Fratellanza Musulmana, non avremmo tante democrazie. L’Egitto di Mohammed Morsi ne è stata la prova. Al contrario, se il movimento verde iraniano avesse avuto successo, a quest’ora avremmo una democrazia in Iran.
C’è un motivo per tutto questo che si chiama progressismo. Gli iraniani, il popolo iraniano, è fondamentalmente un popolo progressista tenuto in catene da un regime islamico fanatico che ne impedisce lo sviluppo nella giusta direzione.
Al contrario, il popolo arabo non ha alcun interesse nel progresso, i loro giovani non hanno interesse nella scienza o nello sviluppo umano. A loro interessa solo Allah e che la sera ci sia un piatto di qualsiasi cosa da mangiare. Mi si porti un solo esempio di una invenzione araba che non siano i numeri. Mi si porti un esempio di una ricerca araba. Mi si porti un solo esempio di un moderno sistema d’arma inventato dagli arabi. Un sistema d’irrigazione? Un sistema di recupero del deserto? Qualunque cosa andrà bene.
La verità è che non si troverà niente o quanto meno si troveranno cose insignificanti.
È un peccato, un vero peccato, che gli Ayatollah odino Israele rendendo nemici israeliani e persiani. Israeliani e persiani non sono nemici, anzi, insieme sarebbero l’arma perfetta per configgere l’integralismo islamico.
Ecco perché mentre gli “esperti” gioiscono per la pace comprata con alcuni paesi arabi, io rimango parecchio diffidente e dico che la vera vittoria sarebbe fare la pace con l’Iran, con il popolo iraniano reso libero dagli Ayatollah.
Troppo presto si è lasciata la via dell’abbattimento del regime. Certo, a Teheran sono state applicate sanzioni che hanno colpito più che altro l’incolpevole popolazione. Ma nessuno ha pensato di alimentare la resistenza (quella vera, non quella dei salotti parigini). Nessuno ha pensato che quella era l’unica via per sconfiggere gli Ayatollah senza un bagno di sangue che investirebbe tutto il Medio Oriente.