Cambiano i protagonsti della politica estera della UE, ma quello che non cambia è l’odio europeo verso Israele.
Anzi, come già detto in passato, passando da Federica Mogherini a Josep Borrell si è passati dalla padella alla brace.
Ed è proprio Borrell che, appena preso possesso della politica estera della UE, invece di interessarsi delle gravissimi crisi ai confini dell’Unione Europea, a partire da quella libica fino alle rivolte in atto in Libano, Iran e Iraq, cosa fa? Dimostra la sua ossessione per Israele e mette in agenda il riconoscimento della Palestina da parte della UE basato sui cofini pre-1967 con Gerusalemme come capitale condivisa.
In apparenza a tirare le fila di questo vero e proprio atto ostile verso Israele sono Irlanda e Lussemburgo che guidano un gruppo di Paesi i quali vogliono mettere il riconoscimento della Palestina all’ordine del giorno in modo da imporre la soluzione a due stati a prescindere dalla situazione sul terreno, ampiamente cambiata dal 1967 ad oggi. In realtà tutta l’operazione parte proprio da Borrell.
Tutto ha origine dalla dichiarazione americana del mese scorso secondo la quale gli insediamenti israeliani in Giudea e Samaria non possono essere considerati illegali, dichiarazione fortemente osteggiata sia dalla Mogherini che da Borrell.
Dopo il riconoscimento da parte di Washington di Gerusalemme come capitale di Israele e l’annessione del Golan da parte di Gerusalemme, l’accettazzione degli insediamenti in Giudea e Samaria è per l’Europa il colpo decisivo alla soluzione a due Stati, un fatto che alla UE non possono accettare.
E così mettono in piedi questo teatrino del riconoscimento da parte della UE dello Stato di Palestina con i confini basati sulla situazione pre-1967 che, secondo Bruxelles, dovrebbe imporre una soluzione a due stati.
Ma Borrell non ha il coraggio di metterci la faccia, così manda avanti Irlanda e Lussemburgo. In una lettera a Borrell resa nota ieri e chiaramente concordata, il ministro degli Esteri lussemburghese Jean Asselborn ha affermato che le speranze di una soluzione a due stati vengono “smantellate pezzo per pezzo, giorno dopo giorno” e che è tempo di considerare il riconoscimento della Palestina come uno stato.
«La politica di insediamento e demolizione rischia di sostituire la soluzione a due stati con una realtà a uno stato, caratterizzata da conflitti perpetui, occupazione e diritti disuguali», ha scritto Asselborn nella sua lettera.
Ma non sarà così facile per Josep Borrell convincere tutti gli europei della necessità di riconoscere la Palestina. Alcuni Paesi non ne sono affatto convinti e quando il prossimo mese i 28 membri si riuniranno proprio per parlare di politica in Medio Oriente, c’è da sperare che qualcuno dei Paesi contrari alzi la voce e se possibile metta il veto. La domanda è: come si comporterà l’Italia del Ministro degli Esteri Di Maio e del suo sodale Manlio di Stefano notoriamente anti-israeliani?