Quando si parla di Medio Oriente siamo portati a concentrarci su due principali attori: Israele e Iran. In realtà c’è un terzo attore che condiziona tutto, anche le politiche israeliane e iraniane e che, proprio per questo, è l’attore più importante.
Stiamo parlando della Russia di Vladimir Putin che approfittando della “fuga” americana dalla regione sta condizionando e plasmando a suo piacimento il presente e il futuro della regione.
Si farebbe un errore macroscopico se, come fanno alcuni, si considerasse la Russia come un elemento di stabilizzazione. L’obiettivo di Putin non è quello di stabilizzare la regione.
Anzi, se oggi Putin conta così tanto in Medio Oriente è proprio grazie alle accresciute tensioni e, soprattutto, alla graduale auto-esclusione americana dalla regione mediorientale.
Oggi la Russia vende armi praticamente a tutti. Alla Siria, che il pensiero popolare vuole essere stata “salvata” dall’intervento russo. Vende armi alla Turchia di Erdogan, all’Egitto di Al Sisi, all’Iran degli Ayatollah che poi le girano alle varie fazioni terroristiche a loro collegate.
Costruisce centrali nucleari in in Egitto, Giordania e Algeria, cerca porsi come negoziatore in Sudan. Intrattiene ottimi rapporti con Hezbollah in Libano e con Hamas nella Striscia di Gaza.
L’errore di valutazione israeliano
Quando nel 2015 Mosca decise di intervenire in Siria contro lo Stato Islamico, a Gerusalemme in molti pensarono che fosse una cosa buona, che Putin avrebbe potuto mettere un freno all’influenza iraniana in Siria. Israele si coordinò sin da subito con la Russia per i suoi interventi difensivi in Siria e tutto sembrava funzionare alla perfezione.
Peccato che Putin, pur coordinandosi con Israele, non avesse nessuna intenzione di mettere un freno agli iraniani. Anzi, se oggi in Siria ci sono i militari iraniani con decine di migliaia di miliziani sciiti al loro comando lo si deve proprio alla Russia.
Mosca favorita dal disimpegno americano in Medio Oriente
Si potrebbe pensare che il vertiginoso aumento dell’influenza russa in Medio Oriente sia la conseguenza del suo intervento in Siria.
In parte è vero. Putin ha risolto quello che gli americani e gli europei non erano riusciti a risolvere: sconfiggere quello che all’epoca veniva considerato il problema più grande per tutto il mondo, lo Stato Islamico (ISIS).
Solo che Putin non si è limitato a questo. Ha approfittato del progressivo disimpegno americano dal Medio Oriente per andare oltre alla semplice presenza in Siria costruendo una rete di rapporti con i più importati attori regionali andando a colmare velocemente il vuoto lasciato dagli americani.
Oggi la Russia ha quasi portato la Turchia fuori dalla NATO, assicurandosi una partnerschip con Erdogan che tra alti e bassi sta portando Ankara fuori dall’alleanza atlantica e nell’orbita di influenza russa.
Con l’Egitto, altro attore importantissimo nella regione, ha praticamente fatto la stessa cosa, così come con la Giordania.
Ma il colpo grosso rimane l’Iran. Putin, a dispetto degli accordi con Israele, trae grande vantaggio dall’alleanza con Teheran.
E se oggi gli Ayatollah possono fare la voce grossa persino contro gli Stati Uniti è perché sanno di avere alle spalle un alleato solido e pronto a difendere i propri interessi in Medio Oriente, interessi che non possono prescindere dell’Iran e dal suo controllo quasi capillare di un territorio che va dall’Iraq al Libano.
Non è solo colpa di Trump
Sarebbe tuttavia un errore dare la colpa di tutto questo al solo Donald Trump. Se non altro il Presidente americano aveva detto di volersi disimpegnare dal Medio Oriente sin dalla campagna elettorale e in sostanza sta mantenendo una promessa fatta agli americani.
Si po’ essere d’accordo o meno con questa scelta ma non si può non rispettarla.
Il problema è che il disimpegno americano in Medio Oriente è iniziato ben prima dell’avvento di Trump alla Casa Bianca.
Nel 2015, quando la Russia diede il via al suo intervento in Siria, alla Casa Bianca c’era Barack Obama. Ed è stato sempre Barack Obama a chiudere l’accordo sul nucleare iraniano che ha permesso all’Iran di avere i mezzi necessari per organizzare e armare i suoi proxy regionali.
È stato Obama e non Trump a dare il via al disimpegno americano dal Medio Oriente, è stato Obama a mettere l’Egitto di Al Sisi fuori dall’orbita di influenza americana perché non accettava che i Fratelli Musulmani fossero stati spodestati. Trump ha solo completato l’opera già iniziata dal suo predecessore.
Questo non esime l’attuale Presidente americano dalle sue responsabilità in Medio Oriente, soprattutto nei confronti dell’Iran, ma che Putin abbia dato il via alla sua politica espansiva nella regione grazie a Barack Obama ci sono ben pochi dubbi.
La differenza tra Obama e Trump è che il primo aveva un piano (orribile) per il Medio Oriente, il secondo non sa nemmeno cosa sia un piano.