Israele: la politica di Lieberman verso Hamas ed Hezbollah

28 Agosto 2016

Da quando Avidgor Lieberman è stato nominato Ministro della Difesa la crisi della scorsa settimana a Gaza è stata il primo vero test di prova della nuova politica promessa da colui che in tanti giudicano un “falco”. Il messaggio che Lieberman ha voluto mandare ad Hamas è stato chiarissimo: ogni azione ostile verso Israele e i suoi cittadini proveniente da Gaza non sarà lasciata impunita. Non più solo “contenimento della minaccia” ma “distruzione della minaccia”.

Lieberman lo aveva promesso appena nominato Ministro della Difesa così come aveva promesso un maggior pugno di ferro anche con quella che rimane la maggiore minaccia alla sicurezza di Israele, Hezbollah. E anche in questo caso il segnale lanciato alla Siria e ai terroristi sciiti emanazione del regime iraniano è stata tempestiva e durissima quando sempre la scorsa settimana alcuni colpi di mortaio sono caduti in territorio israeliano. La risposta israeliana è stata inequivocabile.

Ieri in un colloquio informale un funzionario del Ministero della Difesa ci ha spiegato com’è cambiata l’aria all’interno di uno dei più importanti dicasteri israeliani da quando Lieberman è al vertice e quali sono le sue linee guida. Prima di tutto, come già detto, non più solo contenimento della minaccia rappresentata da Hamas e da Hezbollah ma azioni mirate volte alla loro eliminazione e alla eliminazione dei loro leader. Quando Lieberman non era ancora Ministro della Difesa aveva detto che sarebbe stato necessario eliminare i vertici delle due organizzazioni terroristiche e non ha cambiato idea con la sua nomina. Lieberman non è certo un uomo diplomatico, per lui l’eliminazione dei vertici di Hamas ed Hezbollah rimane un obiettivo primario. Un altro punto su cui il Ministro della Difesa insiste moltissimo con i suoi subalterni è la difesa a spada tratta e incondizionata di ogni azione del IDF. Questo non vuol dire che un militare israeliano possa commettere atti illegali, ma Lieberman non vuole che le pressioni esterne e dei media condizionino le azioni del IDF. Israele è in stato di guerra permanente e in uno stato del genere non si limitano le azioni dell’esercito solo perché nel resto del mondo non vivono sotto la perenne minaccia di distruzione come invece vive Israele. Non è una questione di ideologia politica ma di semplice buonsenso. Infine Lieberman propone di condizionare ogni aiuto alla ricostruzione di Gaza e il prosieguo della consegna di aiuti umanitari al disarmo di Hamas e delle altre organizzazioni terroristiche. Qui purtroppo il problema è più complesso visto che ci sono diverse organizzazioni internazionali coinvolte, a partire dalle Nazioni Unite, ma Lieberman non demorde e rimane convinto che la strada da seguire sia quella di stringere la stretta su Hamas e non quella di allentare la presa.

Ma Avidgor Lieberman non intende solo usare il bastone. Pochi giorni fa ha fatto un tour in Cisgiordania e ha dato ordine di approvare la costruzione di un campo di calcio in un villaggio palestinese che da anni lo aveva richiesto. E’ stata la ricompensa per il fatto che negli ultimi tre anni da quel villaggio non è partito nessuno attacco a cittadini israeliani né è stato individuato alcun terrorista proveniente da quel villaggio. Il messaggio è che la violenza nei confronti di Israele non paga mentre la pacifica convivenza si.

Scritto da Gabor H. Friedman

Franco Londei

Politicamente non schierato. Sostengo chi mi convince di più e questo mi permette di essere critico con chiunque senza alcun condizionamento ideologico. Sionista, amo Israele almeno quanto amo l'Italia

4 Comments Lascia un commento

  1. Era ora, finalmente un ministro della Difesa che fa il suo lavoro…..eliminare la minaccia, colpire la minaccia, non contenerla come si è fatto negli ultimi anni, gli Arabi sunniti ho sciiti che siano capiscono solo una cosa ….. chi è il più forte , e finché Israele manterrà la sua deterrenza militare e di intellige allora ci sarà un futuro per lo stato si Israele .

  2. Notizia molto positiva, in quanto è corretto ritenere che tra la semino dipendente Gaza e Israele ci sia uno stato di guerra di fatto e il Ministro della difesa Israeliano giustamente si comporta di conseguenza.
    È un po’ strano l’ultimo paragrafo della notizia, quello sulla visita nel territorio di cui lo stesso articolo dà la definizione di “Cisgiordania”.
    Il Ministro della Difesa di Israele dà “autorizzazione” a costruire un campo sportivo in Cisgiordania?
    La stessa descrizione del fatto non dà il senso dell’ambiguità di una situazione che si trascina da 49 anni in West Bank e che andrebbe risolta. In qualche modo?

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