Oggi la Turchia si reca al voto. Fino a pochissimo tempo fa il dittatore turco, Recep Tayyip Erdogan, era dato per vincitore assoluto ma nelle ultime settimane le cose sembrano essere cambiate nonostante l’assoluto predominio di Erdogan sui media che di fatto ha ammutolito la stampa d’opposizione al regime.
Gli ultimi sondaggi indipendenti dicono infatti che il principale rivale di Erdogan, il candidato del Partito Popolare Repubblicano (CHP), Muharrem Ince, potrebbe costringere il dittatore al ballottaggio il che sarebbe già una sconfitta per il califfo turco. Ma a pesare sul futuro potere di Erdogan saranno soprattutto i curdi che dovrebbero votare in massa per il Partito Democratico dei Popoli (HDP) e che nel caso riescano a superare la soglia di sbarramento del 10% potrebbero togliere al partito di Erdogan (AKP) la maggioranza assoluta in Parlamento limitando non di poco il futuro potere del dittatore islamico.
Il timore di brogli
A vigilare sulla correttezza dello svolgimento del voto ci dovrebbero essere decine di ispettori della Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE) ma come si è potuto constatare già in passato la presenza degli ispettori della OSCE non è garanzia di un voto libero e senza brogli. Già nelle scorse settimane l’organizzazione europea aveva denunciato il bavaglio mediatico ai danni della opposizione con uno squilibrio evidente a favore di Erdogan, una denuncia che aveva irritato notevolmente il dittatore turco tanto da fargli ventilare una possibile esclusione della OSCE dal controllo sul voto. Di sicuro per gli ispettori sarà impossibile controllare l’immensa area rurale dove presumibilmente Erdogan otterrà un consenso bulgaro.
Voto importante anche per l’occidente
Il voto in Turchia è molto importante anche per l’occidente, in particolare per l’Europa. Se Erdogan dovesse ottenere il pieno controllo del Parlamento unito ai nuovi poteri presidenziali attribuiti dalla riforma costituzionale, ci potremmo trovare di fronte a un vero e proprio regime islamico ispirato all’ideologia della Fratellanza Musulmana. Non che ora la Turchia non sia già un regime islamico, ma esistono ancora al suo interno importanti sacche di “resistenza laica” che nel caso di una vittoria schiacciante verrebbero inesorabilmente spazzate via. Le conseguenze per i rapporti con l’Europa e con il resto dell’occidente potrebbero essere catastrofiche.
Con la legittimazione popolare (vera o falsata da brogli) la dittatura di Erdogan e quindi dei Fratelli Musulmani diverrebbe incontrollabile con gravi conseguenze sia sugli equilibri regionali che su quelli con la UE. Ci troveremmo di fronte a uno Stato Islamico, inteso come il Califfato creato da Abu Bakr al-Baghdadi, pienamente legittimato dal voto, membro della NATO e addirittura in predicato di entrare nella UE.
Poche speranze
Nonostante gli ultimi sondaggi indipendenti ci dicono che il candidato laico del Partito Repubblicano potrebbe portare Erdogan al ballottaggio e che il partito filo-curdo HDP potrebbe superare la soglia del 10%, abbiamo francamente poche speranze che qualcosa possa cambiare. In primo luogo Erdogan non è il tipo da rispettare il voto popolare e già in passato a dimostrato che dove non arrivano i voti a suo favore arrivano i suoi sgherri. Il fatto che il candidato curdo Selahattin Demirtas faccia campagna elettorale dal carcere ci dice tutto del rispetto che ha il dittatore turco dell’opposizione democratica. Ma soprattutto ci aspettiamo il massiccio uso di brogli in particolar modo nelle zone rurali dove immancabilmente i controlli non saranno all’altezza della situazione. Insomma, molto difficilmente Erdogan rinuncerà al suo “Stato Islamico”, al suo Califfato. Userà qualsiasi mezzo per completare l’opera di islamizzazione della Turchia.