Al di la delle dichiarazioni della Mogherini sull’Iran, al di la della volontà delle potenze europee che vorrebbero continuare a fare affari con Teheran, il rapporto costi-benefici che attanaglia le teste dei dirigenti europei in merito ad un eventuale scontro con gli Stati Uniti pur di mantenere in piedi gli accordi sul nucleare iraniano è impietoso.
L’Europa ha rapporti commerciali con gli Stati Uniti pari a 1,1 trilioni di dollari l’anno, mentre con l’Iran sfiorano appena i 30 miliardi di dollari. Non c’è paragone. Se messi alle strette gli europei saranno costretti a piegarsi alle richieste americane e a cedere sul nucleare iraniano e sulle sanzioni a Teheran.
Già, le sanzioni. Da quando il Presidente Trump si è ritirato dall’accordo sul nucleare iraniano (JCPOA) e ha reintrodotto le sanzioni a Teheran, l’inflazione in Iran ha fatto un importante balzo in avanti arrivando a sfiorare il 40%, valore che probabilmente verrà superato nelle prossime settimane.
Se non bastasse, il regime degli Ayatollah è stato messo duramente alla prova da una serie di disastri naturali che hanno ulteriormente ficcato l’economia iraniana e portato la popolazione al limite della esasperazione e a contestare sempre più apertamente il regime.
Dire che gli Ayatolah sono all’angolo non è una esagerazione. Non è un caso che di recente il regime iraniano ha ulteriormente stretto le maglie della sua “giustizia” punendo severamente chiunque a vario titolo contestasse il Governo o le istituzioni religiose.
Il timore di una sollevazione popolare è in cima alla lista delle paure degli Ayatollah e il regime ha scelto la strada di reprimere la dissidenza prima ancora che questa possa prendere piede in maniera marcata.
Questa situazione interna in continua degenerazione rende però il regime iraniano ancora più pericoloso.
La retorica dell’accerchiamento da parte del “grande Satana” e dei loro alleati sionisti, è tornata prepotentemente al centro della dialettica degli Ayatollah, anche se ha meno presa sulla popolazione di quanto ne avesse fino a qualche tempo fa.
Sono in molti infatti a contestare la politica espansionistica del regime iraniano e le sue intromissioni in altri contesti regionali quando in Iran si muore letteralmente di fame e cominciano di nuovo a mancare prodotti indispensabili.
Il regime ha nuovamente posto al centro della sua agenda politica il potenziamento militare invece che lo sviluppo economico. La scusa è sempre quella: l’Iran è attaccato economicamente e militarmente e per questo deve difendersi.
Ma questa retorica non funziona più con la popolazione iraniana che chiede il pane in luogo dei missili, chiede le medicine in luogo delle bombe atomiche, chiede un minimo di welfare in luogo dell’appoggio economico a gruppi terroristi come Hezbollah, la Jihad Islamica e Hamas.
Gli Ayatollah sono a un bivio. O dedicano risorse alle esigenze interne per evitare una sollevazione popolare lasciando però perdere ogni sogno egemonico nella regione, oppure sacrificano tutto, accettano il rischio di una rivolta interna e si rafforzano ulteriormente a livello militare alzando l’asticella della sfida agli Stati Uniti e ai loro alleati. Non possono fare entrambe le cose. Non ne hanno materialmente la possibilità.
Il problema è che sembra che gli Ayatollah abbiano scelto la seconda ipotesi. A Teheran ritengono che possano facilmente tenere a bada una eventuale rivolta popolare, mentre difficilmente potrebbero sopravvivere a un conflitto armato con gli Stati Uniti e i loro alleati senza un adeguato rafforzamento bellico che coinvolga anche i numerosi proxy regionali.
E’ questo il motivo che in questo momento rende l’Iran più pericoloso che mai. Una belva messa all’angolo diventa più aggressiva, attacca per difendersi. E la belva iraniana è veramente messa all’angolo nonostante l’appoggio europeo, quello russo e quello cinese.
Gli Ayatollah sono convinti che per sopravvivere devono rinforzarsi militarmente e che devono impegnare “il nemico” su più fronti. Ma questo, come detto, comporta togliere immense risorse finanziarie alle esigenze interne per destinarle a quelle militari e terroristiche. Comporta inviare armi e denaro ai proxy regionali, l’arma più acuminata che gli iraniani hanno in questo momento.
E’ una scelta che gli Ayatollah hanno già fatto e dalla quale probabilmente non possono più tornare indietro, una scelta che probabilmente li porterà ad alzare il livello di scontro con gli Stati Uniti e più ancora con Israele, sicuri come sono che a livello interno potranno facilmente controllare il dissenso.
Solo il futuro ci dirà se il regime iraniano reggerà ancora una volta alle pressioni interne. Di sicuro c’è che ora più che mai l’Iran è un pericolo per tutta la regione e che con ogni probabilità cercherà di agire su più fronti convinto com’è che sia l’unica strada percorribile per la sua sopravvivenza.