L’annuale Assemblea Generale delle Nazioni Unite è da sempre un palco da dove i leader mondiali fanno sentire la propria voce, da dove essi spiegano al resto del mondo quali sono le loro idee e i loro intenti in politica interna e internazionale.
E’ anche un’occasione per incontri ad altissimo livello sugli argomenti più spinosi, ma difficilmente ci sono sorprese rispetto a quella che è l’implementazione quotidiana della politica dei vari Stati. Di solito è più un palco dal quale parlare al mondo ribadendo le proprie intenzioni politiche piuttosto che un logo dal quale annunciare “rivoluzioni”.
Quest’anno però c’è stato un fatto nuovo che purtroppo sembra essere sfuggito ai più. Il Presidente americano, Donald Trump, sembra aver parlato più al proprio elettorato che al resto del mondo. L’attentissimo Orly Azoulay, uno dei pochi ad essersene accorto, scrive su Yedioth Ahronoth che Donald Trump con il suo discorso «si è tolto la corona da leader del mondo libero» per indossare quello di leader dell’America portando il concetto di “America first” ai massimi livelli.
Donald Trump ha ribadito davanti a tutto il mondo quel concetto sovranista a lui tanto caro che vede la fine del globalismo e dell’assistenza americana alle democrazie a meno che l’America stessa non ne tragga un vantaggio evidente. L’America di Donald Trump non sarà più il guardiano del mondo libero a meno che non ne tragga un vantaggio.
La cosa è molto più importante di quanto possa sembrare perché per la prima volta nella storia moderna sembra lasciare campo libero alle forze oscurantiste e mostra una politica americana fortemente isolazionista e menefreghista rispetto alle attese del mondo libero. Lo spiega bene proprio Orly Azoulay quando scrive che Donald Trump «non ha mostrato al mondo l’americanismo ma il trumpismo», dove per “americanismo” si intende proprio quel sentimento diffuso che lui chiama “ehtos” e che vede il sentire unanimemente l’America come il guardiano del mondo libero mentre il “trumpismo” è l’esatto contrario. Donald Trump ha presentato al mondo la “nuova America”.
Un problema anche per Israele
Ma quando un re lascia la corona c’è sempre qualcuno pronto a prenderne il posto e oggi quel qualcuno sembra essere Vladimir Putin.
Un assaggio della “nuova America” di Donald Trump e delle conseguenze di una siffatta politica lo stiamo vedendo in Medio Oriente dove la Russia ha prontamente riempito i vuoti lasciati dal trumpismo e dalle politiche della precedente Amministrazione americana.
E non è una buona notizia, nemmeno per Israele che pure rimane una delle poche realtà a beneficiare ancora della “protezione” americana. Che sia anche un problema israeliano lo conferma il colloquio di ieri tra Donald Trump e Benjamin Netanyahu dove il Premier israeliano sembrava essere quasi spiazzato dall’annuncio del Presidente americano sulla sua preferenza a una soluzione a due Stati per risolvere l’annoso conflitto israelo-palestinese. Se non proprio un passo indietro, sicuramente un passo di lato rispetto alle recenti posizioni assunte dai consulenti del Presidente americano per il Medio Oriente, tra le quali quelle di suo genero, Jared Kushner.
Ieri a Netanyahu devono essere tornate improvvisamente in mente le parole di Trump quando lo scorso agosto diceva che «Israele dovrà pagare un alto prezzo per Gerusalemme», il tutto a pochi giorni dal passo indietro dell’Arabia Saudita proprio sulla questione palestinese. Evidentemente per Trump è molto più “conveniente” assecondare i sauditi piuttosto che gli israeliani. Il trumpismo applicato alla politica internazionale.