Si fa davvero drammatica la situazione per 83.000 rifugiati nel campo profughi di Kalma, il più grande insediamento di sflollati interni (Idp camp’s) del Sudan. Dallo scorso 2 agosto il Governo sudanese impedisce infatti a qualsiasi agenzia umanitaria (Ong e ONU) di entrare nel campo per portare l’indispensabile assistenza agli sfollati.
La decisione del Governo sudanese di impedire alle agenzie umanitarie di portare assistenza ai rifugiati del campo di Kalma è scaturita dopo che lo scorso 25 luglio erano scoppiati alcuni tafferugli all’interno del campo stesso a seguito della interruzione dei colloqui di pace per il Darfur che si tenevano a Doha, in Qatar. Gli sfollati avevano protestato perché secondo loro nei colloqui di pace non era rappresentata la grande porzione di popolazione che fa capo al Sudan Liberation Movement (SLM). A seguito dei tafferugli sei persone (cinque uomini e una donna), accusate dalla polizia sudanese di aver fomentato i disordini, si erano rifugiate presso la stazione di polizia della missione congiunta ONU-Unione Africana (UNAMID) presente all’interno del campo di Kalma. Al rifiuto della UNAMID di consegnare i sei alle forze di sicurezza sudanesi, il Governo di Khartoum ha deciso il completo isolamento del campo mettendo letteralmente in isolamento 83.000 persone.
Samuel Hendricks, portavoce dell’ufficio ONU per il coordinamento degli affari umanitari (OCHA) ha detto mercoledì che il cibo per i bambini sta finendo mentre quello per gli adulti è già finito da diversi giorni. Gli ambulatori medici all’interno del campo non hanno più medicine mentre l’accesso all’acqua è interdetto dall’esercito sudanese che impedisce a chiunque di entrare o uscire dal campo. Molti dei pozzi sono fuori dal campo e per la popolazione è impossibile raggiungerli.
Lo scorso 11 agosto si è tenuta a Nyala una riunione tra i rappresentanti dell’ONU e quelli dell’Unione Africana per decidere una linea di condotta comune che possa portare ad una soluzione della controversia sul campo di Kalma senza che però si giungesse ad alcuna decisione. Lo stesso giorno il Governatore del Darfur Meridionale, Abdel Hamid Musa Kasha, chiedeva la chiusura totale del campo di Kalma affermando che “il campo era ormai diventato una piattaforma politica e militare del Sudan Liberation Movement”.
Il caso del campo di Kalma è purtroppo uno dei tantissimi casi di assoluta inefficienza e impotenza delle Nazioni Unite in Darfur, un territorio ormai praticamente abbandonato a se stesso dalla Comunità Internazionale nonostante gli oltre 5 milioni di sfollati in gravissima difficoltà. L’Unione Europea poi è forse tra quelli più assenti. Se la rappresentate per la politica estera europea, Catherine Ashton, invece di andare a fare la comparsa nelle false emergenze umanitarie (vedi Gaza) si occupasse di vere e impellenti tragedie umanitarie come quella del campo di Kalma e più in generale del Darfur, forse sarebbe quantomeno più coerente con il proprio ruolo. Per questo motivo chiediamo una immediata missione ad altissimo livello dell’Unione Europea in Darfur, con una visita a campo di Kalma dove 83.000 rischiano di morire di sete e di fame per colpa di un Governo omicida come quello sudanese, ma anche per colpa della completa indifferenza della Comunità Internazionale.
Secondo Protocollo