Contro il terrorismo islamico servono leggi ad hoc, non corsi di recupero

1 Dicembre 2019

Il terrorista islamico che l’altro ieri a Londra ha ucciso due persone e ne ha ferite diverse altre, era stato scarcerato da qualche mese e posto agli arresti domiciliari dopo che nel 2012 era stato condannato e incarcerato per reati connessi al terrorismo islamico legato ad Al Qaeda.

Usman Khan, questo era il suo nome, aveva 28 anni ed era quindi perfettamente noto sia alla polizia che ai servizi segreti inglesi, non era quindi uno sconosciuto. Eppure è riuscito ad uccidere.

Famiglia originaria del Kashmir, Usman Khan era cittadino britannico a tutti gli effetti.

Questo pone più di qualche quesito sia sulla facilità con cui si concede la cittadinanza che, soprattutto, sul trattamento giudiziario riservato ai terroristi islamici equiparato alla legislazione corrente che non prevede per questo tipo di reato una diversa legislazione ad hoc.

Sulla concessione della cittadinanza, anche se diversa per ogni Stato, è difficile intervenire in maniera selettiva. Si rischierebbe infatti di creare una forma di discrimine su base religiosa del tutto intollerabile.

Diverso è invece il discorso sul reato di terrorismo islamico. Su questo si può e si deve agire separandolo in modo netto persino dalle leggi speciali sul terrorismo che sia in Gran Bretagna che nel resto dell’Europa esistono già.

Il terrorista islamico non può essere equiparato ad un terrorista politico. Il terrorista islamico non si pente, anzi, una volta imprigionato tende a radicalizzarsi ancora di più.

Il terrorista islamico è convinto di avere una missione divina per la quale è pronto anche a morire. Non è recuperabile, non puoi metterlo in libertà vigilata e costringerlo a frequentare “corsi di recupero”, come è stato fatto con Usman Khan, credendo di poterlo reinserire nella società.

Quando lo hanno messo in libertà (vigilata) cosa pensavano? Che non credesse più nell’islam radicale? Che in carcere si fosse ravveduto?

E questo crea un nuovo problema: esiste da qualche parte il reato di terrorismo islamico? Non conosco tutte le legislazioni europee ma ad occhio credo che non esista da nessuna parte.

Ora, con l’ISIS in rotta, da mesi si lanciano allarmi sul possibile rientro di migliaia di foreign fighter dalla Siria e dall’Iraq e sul pericolo che rappresentano. Cosa pensano di fare i governi europei con questi estremisti? Pensano forse di convincerli a lasciare l’estremismo islamico? Pensano di trasformarli in “moderati”, ammesso che esista un Islam moderato? Pensano di fargli fare dei corsi di recupero?

Non sarebbe forse il caso di pensare a delle leggi speciali contro il terrorismo islamico? D’altra parte legiferare per specifici pericoli non è una novità. In Italia il terrorismo politico e la mafia si combattono con leggi ad hoc. In Gran Bretagna il terrorismo nord-irlandese venne combattuto con leggi speciali. Non sarebbe quindi il caso di pensare anche nel caso del terrorismo islamico a leggi specifiche?

Non facciamoci ingannare dal periodo di relativa calma vissuto negli ultimi mesi in Europa. Non facciamoci ingannare dalla sconfitta dell’ISIS o dalla apparente inattività di Al Qaeda. Ad un terrorista islamico basta un coltello da cucina per fare una strage e chissà quanti sono i “lupi solitari” pronti ad agire. Chissà quante sono le cellule organizzate ancora attive.

Il terrorismo islamico è un pericolo specifico che si differenzia completamente da qualsiasi altro pericolo. Non puoi pensare di combatterlo con corsi di recupero o con scarcerazioni premio.

Franco Londei

Politicamente non schierato. Sostengo chi mi convince di più e questo mi permette di essere critico con chiunque senza alcun condizionamento ideologico. Sionista, amo Israele almeno quanto amo l'Italia

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