La Repubblica Democratica del Congo è nel caos più totale ma l’ONU, che pure è presente con 16.000 uomini, si guarda bene dall’intervenire. Un comportamento che davvero è molto difficile da spiegare.
Nella regione di Kasai (centro sud) una serie di gruppi ribelli che si contengono la regione più ricca di diamanti del Congo stanno facendo una carneficina. Solo nelle ultime settimane sono centinaia i civili uccisi nei combattimenti, alcuni decapitati, oltre 200 i villaggi bruciati, decine di migliaia le persone in fuga. Ma l’ONU si guarda bene dall’intervenire almeno per garantire la fuga dei civili. I 16.000 ilitari della misisone ONU in Congo dispongono di tutti i mezzi necessari per fermare la carneficina, dai mezzi blindati agli elicotteri, ma continuano a rimanere chiusi nelle caserme nonostante i pressanti appelli.
Stessa situazione nel nordest del Congo dove una nuova coalizione di ribelli che rifacendosi a un vecchio partito politico congolese (di quanto il Congo si chiamava ancora Zaire) ha preso il nome di National Movement of Revolutionaries (MNR), sta massacrando senza pietà centinaia di civili costringendo decine di migliaia di persone alla fuga nei campi profughi. Secondo i media locali solo negli scontri di ieri ci sarebbero stati oltre 100 civili uccisi. E anche qui la ragione è il controllo delle risorse che in questo caso sono le miniere di Coltan.
Non si comprende francamente come mai una delle più grandi missioni militari dell’ONU che conta migliaia di uomini e che costa qualcosa come 1,2 miliardi di dollari l’anno non faccia assolutamente nulla né per proteggere i civili né per frapporsi tra le parti in conflitto. Il Congo è nel caos più totale ma i militari ONU sembrano non interessarsene. E non è una cosa che va avanti da poco tempo, sono anni che funziona così e nonostante le decine di appelli da ogni parte del mondo l’ONU continua a tenere i proprio militari nelle caserme senza nemmeno garantire la sicurezza dei campi profughi sempre più pieni di gente.