Chi rappresenta Israele nei colloqui sul nucleare con l’Iran?

18 Aprile 2012

Teheran e Catherine Ashton hanno ottenuto una indiscutibile vittoria durante gli ultimi colloqui sul nucleare iraniano che si sono tenuti in Turchia. Hanno preso tempo, probabilmente quel tempo che mancava loro per arrivare al fatidico punto di non ritorno o, comunque, ad arrivarci molto vicini.

Non ho accostato Teheran a Catherine Ashton per caso, i due viaggiano di pari passo e l’obbiettivo finale è comune. Bastava guardare i cenni d’intesa tra la Ashton e il negoziatore iraniano, Saeed Jalili, per rendersene conto. Anche le frasi dette alla fine dei colloqui combaciano spudoratamente. Ambedue hanno parlato di “importante vittoria”. Insomma, la Ashton e Jalili sono concordi nel definire il rinvio dei colloqui al 23 maggio “una vittoria”. Ma se per il negoziatore iraniano l’euforia è comprensibile (continuano imperterriti a prendere tutti per i fondelli), quello che appare davvero fuori luogo e che da veramente da pensare, è l’euforia della baronessa inglese che poco avrebbe di che gioire dato che nessuna delle richieste dei 5+1 è stata sostanzialmente accolta da Teheran. Sono state solo mischiate le carte tanto da concedere all’Iran quel lasso di tempo a cui puntava.

E allora perché gioisce la Ashton (e più sommessamente Obama) se tutto quello che avevano chiesto le grandi potenze non è stato accettato? Semplice, perché il risultato finale danneggia Israele e avvantaggia la grande schiera di personaggi più o meno famosi che con l’Iran hanno una linea del tutto tollerante quando non supina. Avvantaggia quel larghissimo schieramento di persone contrarie ad un intervento israeliano in Iran disposte piuttosto ad accettare che Teheran si doti di armi nucleari piuttosto che indebolire un nemico mortale di Israele. A ben vedere è la stessa linea di condotta adottata con la Siria.

Chiarito questo resta un punto ancora da chiarire: cosa c’entra Israele nei colloqui tra il gruppo dei 5+1 e l’Iran? In teoria Gerusalemme non dovrebbe entrarci, ma in pratica è quello che si definisce un “convitato di pietra” con la sola differenza di non essere rappresentato da nessuno, nemmeno dagli USA storici amici e alleati. Non ci si faccia infatti ingannare dalle parole “dure” di Obama verso Teheran, il Presidente americano sta facendo di tutto per impedire a Gerusalemme di attaccare i siti nucleari iraniani. Ecco perché Israele c’entra, perché è la parte avversa all’Iran, quella vera.

E allora, se Israele è parte importante e in causa di questi colloqui (non ammetterlo sarebbe ipocrita), chi rappresenta lo Stato Ebraico? Ma soprattutto, cosa diavolo ci fa un acerrimo nemico di Israele come la Ashton tra coloro che dovrebbero impedire all’Iran di dotarsi di armi nucleari? Se non ci facciamo queste domande vuol dire che sottovalutiamo il pericolo iraniano. Magari il mondo se lo può ancora permettere, Israele certamente no.

Sharon Levi

Franco Londei

Politicamente non schierato. Sostengo chi mi convince di più e questo mi permette di essere critico con chiunque senza alcun condizionamento ideologico. Sionista, amo Israele almeno quanto amo l'Italia

4 Comments Lascia un commento

  1. è chiaro che quello cui stiamo assistendo è in qualche modo uno scollamento di quello che un tempo fu il blocco occidentale, compattato dalla presenza di un nemico nei tempi della guerra fredda, che sta portando le varie potenze a andare in ordine sparso, seguendo ognuna i propri interessi nell’ambito di un mondo ormai multipolare.
    Da un lato c’è la cina, emersa come gigante globale, che per un infinità di ragioni non vede nell’iran una minaccia, ma una risorsa e che, con lo stato islamico, fa affari d’oro anche grazie alle sanzioni.
    vedi:
    http://www.asianews.it/notizie-it/La-Cina-fa-grandi-affari-in-Iran-grazie-alle-sanzioni-degli-altri-Stati-20911.html

    Ci sono poi gli usa, che in crisi economica e sfiancati dalle fallimentari guerre fatte in iraq (divenuto di fatto da stato “sotto controllo” a stato indipendente ossia colonia iraniana) e in afganistan.
    infine l’europa, nel pieno della recessione, gravata soprattutto da una dipendenza energetica e da costi dell’energia esorbitanti, quella stessa energia indispensabile per le fabbriche europee che non dispongono di fonti proprie e che sarebbero messe fuori gioco da un conflitto che facesse infiammare l’intera regione con conseguente impennata del prezzo del greggio
    vedi:
    http://www.lafinanzasulweb.it/2012/guerra-alliran-potrebbe-essere-un-autogol-per-leconomia-delloccidente/
    l’italia peraltro, differentemente da israele, non disponde di energia nucleare civile, a seguito di una scelta che, se da un lato ha puntato a garantire la sicurezza dei cittadini a seguito del disastroso incidente di Fukushima, dall’altro ha legato a doppio filo la nostra economia dagli stati esportatori di petrolio e gas, ossia iran iraq libia e russia.
    esiste infine una questione elettoral-demografica. gli islamici cominciano a diventare una parte considerevole del corpo elettorale di vari paesi occidentali. Basti pensare che a bruxelles, sede delle istituzioni europee, la religione numericamente più consistente è quella islamica
    vedi:
    http://www.informazionecorretta.it/index.php

  2. è chiaro che quello cui stiamo assistendo è in qualche modo uno scollamento di quello che un tempo fu il blocco occidentale, compattato dalla presenza di un nemico nei tempi della guerra fredda, che sta portando le varie potenze a andare in ordine sparso, seguendo ognuna i propri interessi nell’ambito di un mondo ormai multipolare.
    Da un lato c’è la cina, emersa come gigante globale, che per un infinità di ragioni non vede nell’iran una minaccia, ma una risorsa e che, con lo stato islamico, fa affari d’oro anche grazie alle sanzioni.
    vedi:
    http://www.asianews.it/notizie-it/La-Cina-fa-grandi-affari-in-Iran-grazie-alle-sanzioni-degli-altri-Stati-20911.html

    Ci sono poi gli usa, che in crisi economica e sfiancati dalle fallimentari guerre fatte in iraq (divenuto di fatto da stato “sotto controllo” a stato indipendente ossia colonia iraniana) e in afganistan.
    infine l’europa, nel pieno della recessione, gravata soprattutto da una dipendenza energetica e da costi dell’energia esorbitanti, quella stessa energia indispensabile per le fabbriche europee che non dispongono di fonti proprie e che sarebbero messe fuori gioco da un conflitto che facesse infiammare l’intera regione con conseguente impennata del prezzo del greggio
    vedi:
    http://www.lafinanzasulweb.it/2012/guerra-alliran-potrebbe-essere-un-autogol-per-leconomia-delloccidente/
    l’italia peraltro, differentemente da israele, non disponde di energia nucleare civile, a seguito di una scelta che, se da un lato ha puntato a garantire la sicurezza dei cittadini a seguito del disastroso incidente di Fukushima, dall’altro ha legato a doppio filo la nostra economia dagli stati esportatori di petrolio e gas, ossia iran iraq libia e russia.
    esiste infine una questione elettoral-demografica. gli islamici cominciano a diventare una parte considerevole del corpo elettorale di vari paesi occidentali. Basti pensare che a bruxelles, sede delle istituzioni europee, la religione numericamente più consistente è quella islamica
    vedi:
    http://www.informazionecorretta.it/index.php

  3. a titolo di cronaca, i commenti contenenti due o più link vengono messi automaticamente in moderazione dal sistema, questo nel caso un utente si sia visto moderare il suo commento come è successo a media-watcher che per altro ha scritto un ottimo commento

  4. a titolo di cronaca, i commenti contenenti due o più link vengono messi automaticamente in moderazione dal sistema, questo nel caso un utente si sia visto moderare il suo commento come è successo a media-watcher che per altro ha scritto un ottimo commento

Comments are closed.

Previous Story

Il potere della verità

Next Story

Antisemitismo e Islam: l’Europa è una bomba a orologeria

Latest from Senza categoria

Go toTop

Don't Miss