Ieri il capo negoziatore palestinese, Saeb Erekat, si è detto disponibile ad estendere i colloqui con Israele oltre la scadenza del mese di aprile a patto però che si raggiunga prima un “accordo quadro” che definisca i confini, la questione della sicurezza e la questione dei cosiddetti profughi.
In sostanza Erekat dietro all’apparente disponibilità intende imporre agli israeliani le proprie condizioni, inaccettabili per Israele specie quelle riguardante i cosiddetti profughi che profughi poi non sono e quella che riguarda Gerusalemme Est, capitale indivisibile per Israele.
Ma il punto non è nemmeno quello ed è arrivato il momento di affrontare la nuda realtà senza girarci intorno. Il punto è che i palestinesi non hanno nessuna intenzione di riconoscere Israele come Stato Ebraico e, a dire il vero, non lo riconoscerebbero nemmeno come Stato laico. Non possono farlo perché se lo facessero si ritroverebbero una rivolta interna che nessuno vuole. Lo ha detto chiaramente Abu Mazen a John Kerry nei giorni scorsi.
E allora di cosa stanno parlando i palestinesi? Semplice, di avere la botte piena e la moglie ubriaca. Vogliono, o meglio, pretendono di avere riconosciute tutte le loro pretese senza però riconoscere Israele né come Stato Ebraico né come Stato laico. La scusa è la stessa: intanto raggiungiamo un accordo quadro poi parleremo del resto, il che tradotto in lingua araba significa: tu mi dai quello che voglio, io ti prometto all’infinito la pace, la sicurezza e il riconoscimento senza mai dartelo. Sono 60 anni che fanno così e non hanno mai cambiato tecnica visto che hanno l’appoggio quasi incondizionato dell’Europa e ultimamente anche quello di Obama.
Solo che non funziona così. In una trattativa qualsiasi, in una qualsiasi negoziazione, le due parti mettono sul piatto le proprie condizioni e si negozia su quelle condizioni. Se una delle due parti pretende che le sue condizioni vengano accolte e quelle degli altri respinte non è più una negoziazione, è un atto di prepotenza. Il paradosso è che generalmente gli atti di prepotenza è la parte più forte a farli, non la più debole come invece succede nella questione palestinese.
Se fosse Israele a imporre le proprie condizioni ai palestinesi tutto il mondo si solleverebbe e parlerebbe di “atto di prepotenza”, invece se sono i palestinesi a imporre le proprie condizioni a Israele non è un atto di prepotenza ma una negoziazione. Insomma, siamo di fronte al totale capovolgimento delle normali regole della negoziazione internazionale. E questo senza nemmeno tenere presente i rapporti di forza, anche in questo caso capovolti, dove è la parte più debole a imporre le condizioni alla parte più forte.
A queste condizioni è impossibile per Israele raggiungere un qualsiasi compromesso con i palestinesi, non perché manchi la voglia di farlo, ma perché mancano le condizioni per farlo. Oltretutto si fanno i conti senza l’oste dove l’oste si chiama Hamas. No perché qui sembrano tutti essersi dimenticati dei terroristi che tengono in ostaggio la Striscia di Gaza, come se la stessa Striscia di Gaza non facesse più parte della cosiddetta Palestina. Quindi Saeb Erekat (e quindi Abu Mazen) per conto di chi sta trattando? Per tutta la Palestina (Gaza compresa) o solo per quella parte che vive in Cisgiordania? La questione non è ininfluente perché o si decide che la Striscia di Gaza è uno Stato a parte, come del resto si comporta, oppure che fa parte della futura Palestina. Nel primo caso si dovrebbero aprire due fronti di trattativa dove l’Autorità Nazionale Palestinese (ANP) viene esclusa per quanto riguarda Gaza. Nel secondo caso invece dovrebbero essere esclusi i terroristi di Hamas e non credo che a loro possa andare bene.
Concludendo, qualsiasi accordo tra Israele e palestinesi in questo momento è praticamente impossibile. In primo luogo perché i palestinesi non vogliono riconoscere Israele come Stato Ebraico, e questa è una condizione non negoziabile. In secondo luogo perché le pretese palestinesi su Gerusalemme Est e sul rientro dei cosiddetti profughi sono un ostacolo invalicabile. In terzo luogo perché un accordo qualsiasi raggiunto con la ANP non riguarderebbe la Striscia di Gaza. Ormai la scusa delle “colonie” non regge più. I veri punti sono questi e Kerry e la Ashton possono sbracciarsi e blaterare quanto vogliono, da questi tre punti non si sfugge.